Paolo D’Agostini

ville est tranquille
Forte, asciutto, aspro, oltre che ricco di momenti alti e intensi, nonostante la sua caratteristica struttura melodrammatica che nel far incrociare tra di loro tante storie e personaggi non lesina tragedie e morti, né rinuncia a qualche schematismo o manicheismo di troppo. ADSL 34kbs
La scheda del film
Giudizio del critico

di Paolo D’Agostini

Una specie di feuilleton sulla fine del sogno comunista e del solidarismo sindacale, sull’insorgere degli egoismi e dei particolarismi localistici e sui rigurgiti di intolleranza razziale. Dove? Nel cuore dell’Europa civilizzata, a Marsiglia, città tutt’altro che tranquilla malgrado il titolo del nuovo film del regista di origine armena Robert Guédiguian La ville est tranquille, primo appuntamento della sezione Cinema del presente lo stesso giorno in cui la direzione della Mostra ha deciso di ospitare l’avvio del film che Daniele Segre ha girato sull’emergenza e dentro l’emergenza della chiusura dell’Unità. “Avvio” nel senso che Via dei due Macelli, Italia – Sinistra senza Unità verrà presentato al pubblico della Mostra diviso in dieci parti, una al giorno fino al 9 settembre per quasi undici ore complessive, con l’intenzione e l’augurio di creare attorno a questa testimonianza un clima simile a quello che in passate edizioni si creò intorno a grandi eventi come Heimat oppure il Decalogo di Kieslowski.
Guédiguian è lo stesso regista di Marius et Jeannette (e si ripropone in questa nuova opera gran parte della stessa compagnia di attori) che molti spettatori italiani ricorderanno di aver visto sui nostri schermi qualche stagione fa, percependolo forse grossolanamente ma immediatamente e non irragionevolmente come risposta francese – cui poi, la passata stagione, si è aggiunto anche il film di un altro autore: Risorse umane – al cinema di Ken Loach. Guédiguian-Loach-Segre, dunque: un asse di orgoglioso minoritarismo che percorre il continente inquietando le coscienze, e forse talvolta (qualche Loach o suoi epigoni anglofoni) invece trastullandole in un confortevole quanto impotente sentimentalismo.
Malgrado le imperfezioni, malgrado anzi una struttura abbastanza sconnessa e farraginosa, non è questo pericolo che corre il film francese in Mostra. Forte, asciutto, aspro, oltre che ricco di momenti alti e intensi, nonostante la sua caratteristica struttura melodrammatica che nel far incrociare tra di loro tante storie e personaggi non lesina tragedie e morti, né rinuncia a qualche schematismo o manicheismo di troppo. Una donna (la Jeannette dell’altro film: Ariane Ascaride) lavora di notte al mercato del pesce e di giorno si divide tra la figlia eroinomane, la pupetta che quest’ultima ha avuto chissà da quale dei suoi occasionali clienti, il marito disoccupato e ora attratto nell’orbita dell’estrema destra xenofoba, e infine la “vita” che lei stessa si decide a fare per procurarsi i soldi e quindi l’eroina per la figlia. Un uomo ha accettato la buonuscita offerta dai cantieri navali in crisi, rompendo così l’unità di lotta e la resistenza dei compagni, si è procurato grazie all’aiuto del padre ex partigiano ed ex operaio comunista deluso (era il Marius dell’altro film: Jacques Boudet) una licenza da taxista facendo il pieno di debiti per pagare l’auto, e in cerca di conforto alla sua solitudine s’imbatterà nella madre-coraggio divenendo suo cliente. Infine una coppia borghese, lui architetto di sinistra disilluso e donnaiolo, lei insegnante di musica impegnata nel volontariato. Il dialogo tra loro è tutto un programma. Lei a lui, rinfacciandogli anni di vaniloquio e di contraddizioni: “prima il popolo era rivoluzionario, adesso è diventato reazionario: ho più rispetto per i poveri che scelgono l’estrema destra che per un piccolo borghese come te che dice di essere dalla parte dei poveri e invece insegue soltanto il potere”.
Ma il momento più potente di tutto il film, tanto più in quanto spietatamente antiretorico, è quando il taxista abborda per la prima volta la donna e per distrarla dalle sue innumerevoli preoccupazioni attacca a cantarle l’Internazionale ripetendo le strofe in tutte le lingue, francese, inglese, italiano, tedesco. Come a dire: io di parole ne so tante, ne so più degli altri; ma non mi incantano più. Disperazione nuda e cruda.